Questa foto è l'unica memoria che ho. Solo due giorni più tardi la polizia arrivò e spazzò via tutto. “Bisogna porre fine alla favela”, avevano detto le autorità. E la polizia cominciò il suo lavoro...
Fuggire era quello che avevamo sempre fatto, nessun poliziotto ci avrebbe
trovato nelle strade che erano state la nostra casa e il nostro rifugio, la
nostra scuola e la nostra Università; lì avevamo giocato e litigato, tutti
avevamo quella piantina in testa.
Se avessi seguito lì, il mio futuro sarebbe stato come quello dei miei
amici, dei miei genitori e dei loro amici: piccoli furti avvolti in carta di
miseria, piccoli trucchi avvolti nel buio dell'ignoranza. Rapine e risse con
gli amici che all’improvviso diventavano concorrenti, ripetute entrate e uscite
in carcere che forse quealche volta avrebbero concluso con un squarcio che mi
avrebbe avvolto in una bara.
Però dovendo fuggire di corsa ho dovuto ricominciare. "Partire di
zero", dicevano gli adulti. Io, invece, ho pensato
"Un'opportunità". Ho saputo scegliere i forti e sbarazzarmi dei
deboli. Ho imparato dai migliori e senza voltarmi indietro ho raggiunto il
successo che mi ero proposto quando sono uscito dalla favela. Oggi guardo la
città dall'ultimo piano del più alto palazzo, e la polizia non mi insegue più,
lavora per me. Beh, non tutti. Solo i suoi superiori.
Ma questa foto viaggia sempre con me, non dimenticherò le mie origini.
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