Il più bel
ricordo che ho di quando ero bambino è la piazza. Non c’era un albero, non
c’erano panchine, non c’erano negozi, non c’era niente tranne la piazza. In
estate il sole ci colpiva, inclemente; invece, in inverno l’aria e la neve ci
facevano sempre compagnia.
Lì diventavamo
calciatori, qualche volta toreri, perfino nelle lunghe sere dei finesettimana
diventavamo eroi ed avventurieri. Insomma tutti sapevamo che lì avremmo trovato sempre gli amici.
Oggi ho voluto
ritornare e ho fatto un giro intorno a quella piazza. Adesso è più bella, c’è
un giardino e ci sono delle panchine sotto gli alberi. Siccome sono arrivato
sabato pomeriggio ho visto molti ragazzi che non solo giocavano a calcio, come
al solito, ma anche con questi giocattoli elettronici che portano tutti.
Mi sono seduto e
li ho guardati. Anche se ho cercato di trovare le differenze non ne ho trovata nessuna importante. Magari oggi hanno più canali TV, magari giocano con la
Play Station, ma comunque sono felici come eravamo noi, giocano insieme e
hanno bisogno degli amici per giocare, per litigare oppure semplicemente per stare insieme.
All’improvviso una ragazzina mi si è avvicinata e mi ha chiesto se sapevo saltare la corda. Aveva un bello sguardo, le guance vivaci e i capelli corti e ricci. Quando le ho risposto che non sapevo farlo, lei mi ha guardato con aria di superiorità. “Davvero, davvero” ho aggiunto. Dopo le ho chiesto quanti anni aveva e come si chiamava. Purtroppo, mentre parlavamo, suo padre è venuto, mi ha guardato con gli occhi di una tigre e l’ha portata via. Chissà cosa ha pensato di me, ma non è importante, ricordare è vivere un’altra volta.
All’improvviso una ragazzina mi si è avvicinata e mi ha chiesto se sapevo saltare la corda. Aveva un bello sguardo, le guance vivaci e i capelli corti e ricci. Quando le ho risposto che non sapevo farlo, lei mi ha guardato con aria di superiorità. “Davvero, davvero” ho aggiunto. Dopo le ho chiesto quanti anni aveva e come si chiamava. Purtroppo, mentre parlavamo, suo padre è venuto, mi ha guardato con gli occhi di una tigre e l’ha portata via. Chissà cosa ha pensato di me, ma non è importante, ricordare è vivere un’altra volta.
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